Ipotesi su "Cecità" di José Saramago


Difficile per me, se non impossibile, definire una sola ipotesi. Sia pure lunghissima.
Per quest'opera che ha ormai compiuto vent'anni e che si dimostra sempre attuale.

La storia ha luogo in una città dove si verifica un'epidemia di cecità che non risparmia nessun abitante di qualsiasi livello, età o condizione sociale. Nel giro di pochi giorni vengono quasi tutti colpiti da questa strana forma di cecità. Tutti tranne una donna, inspiegabilmente immune. 

La gran parte della storia si svolge all'interno di un ex manicomio dove una parte di contagiati (diversi?) sono stati isolati (deportati?) e dove, fingendosi cieca per rimanere accanto al marito contagiato, si farà rinchiudere anche lei, seppur unica vedente. All'interno di questa struttura si passerà da episodi di amicizia, carità, amore, compassione e cameratismo, ad altri di diffidenza, spietatezza, odio e violenza, dovuti ad una convivenza forzata in un ambiente ristretto, dove tutti i reclusi sottostanno ai voleri di un gruppo di violenti - i ciechi per accettazione della loro condizione, la vedente per propria scelta e volontà di sopportazione

L’epilogo si dipanerà quando la stessa vedente deciderà di por fine alle violenze e condurre verso la salvezza coloro che avranno accettato di farsi guidare da lei.
Ho apprezzato molto l'idea di non indicare mai il nome di un luogo, uno stato, una città, o delle persone stesse. Dapprima ho pensato che fosse per imprimere al libro una caratteristica in più da parte dell'autore, come se l'uso "sui generis" della punteggiatura non lo fosse già. Tutt'a un tratto, in quel mondo astratto, senza luogo e senza nomi per niente e per nessuno, arriva la precisione dei numeri (240 internati, 20 gruppo dei violenti), che ci mostrano proporzioni e confini, e la mancanza dei nomi di persona non rappresenta più un problema. 
Ecco che "La moglie del medico", "la ragazza con gli occhiali", "il primo cieco", "il vecchio con la benda", ecc., identificano già i personaggi come e meglio di un nome. Ed ecco che l'ex manicomio diventa un luogo a noi ben familiare. Un luogo dove una piccola percentuale di abitanti possiede la quasi totalità delle ricchezze disponibili o prodotte e le distribuisce secondo suo piacimento e convenienza. Un luogo dove chi è toccato in piccola parte da questa distribuzione finge di non vedere coloro che da essa rimangono invece esclusi, o vi accedono solo con grandi sacrifici. Fingere " cecità " per non vedere ciò che preferiremmo non vedere, fare da ciechi per accecare la ragione. Ma se la ragione, per necessità o convenienza, può essere facile da ingannare, altrettanto non facile farlo con la coscienza. Impersonata dalla donna vedente, la coscienza vede benissimo tutto ciò che succede: soprusi, violenze fisiche e morali, atti di generosità, accettazioni di sottomissione, momenti di forza e di debolezza. E nel momento in cui la coscienza si ribella alla ragione, che cerca solo la convenienza, lo fa nella maniera più violenta e distruttiva possibile. Solo chi avrà accettato di lasciarsi guidare dalla coscienza riuscirà, sia pure con grandi sacrifici, a salvarsi, ad arrivare nella città dove la coscienza vedrà, tra sporcizia, depravazione e ciarlatani in ogni piazza, come, per ragioni di convenienza, si può ridurre una città (o un pianeta?). 
Penso che il tema di questo libro sia proprio questo: la ragione può essere accecata, ma la coscienza ci vedrà sempre benissimo. 
Fai un acquisto a basso prezzo, ma sai che talvolta viene da sfruttamento di minori; non vuoi immigrati, ma sai che fuggono da guerre e miseria. Ed è fin troppo facile, quando la coscienza riesce a ridare la vista alla ragione, accecarla di nuovo. 
Magari cambiando canale. 



Paolo
per Illumilibro

Commenti

Posta un commento